La politica è narrazione (e viceversa?)

C’è un bell’articolo di Ida Dominijanni sul Manifesto di oggi 31 maggio. E’ la recensione a un libro di Guido Moltedo e Marilisa Palumbo che si chiama appunto Politica è narrazione – Da Obama a Vendola. Cito un passaggio:

«Nell’attesa che il vento del Nord e del Sud conquisti, dopo le amministrative di Milano e Napoli, l’altrettanto importante risultato di far fare un salto di qualità al dibattito della sinistra italiana, cade a fagiolo la lettura [del libro di cui sopra]. Che fin dal titolo (…) manda al centrosinistra italiano un messaggio preciso: la narrazione non è manipolazione, né ornamento del discorso politico; non è un trucco di Silvio Berlusconi né un espediente di Nichi Vendola. E’ un ingrediente decisivo della politica, anzi è di più: è la cornice – il frame – che dà senso al discorso politico consentendogli di arrivare laddove una pura elencazione programmatica di contenuti non arriva (…) Convocarle e convogliarle entrambe, la testa e la carne, la ragione e le pulsioni, in un progetto dotato di senso è per appunto il compito della narrazione. Che pertanto non è un trucco, manipolazione e ornamento: è trama di significati, organizzazione di esperienze, ponte tra passato e futuro. Risposta alla domanda di senso costitutiva dell’esperienza politica come dell’esperienza umana.(…) Per essere credibile e funzionare come cornice di senso, una narrazione deve in primo luogo corrispondere alla verità del candidato (…) Se lo sconosciuto senatore nero dell’Illinois ha conquistato la Casa Bianca, insomma, non è stato solo perché ha rilanciato l’antico sogno di emancipazione dei neri, o pefrchè il suo yes we can era uno slogan azzeccato, o perché il suo team di esperti della comunicazione era formidabile: è stato perché Obama incarnava nella sua biografia il mutamento demografico, sociale e culturale che nella sua narrazione predicava e perché nella sua predicazione è riuscito a coinvolgere i suoi sostenitori incentrandola effettivamente e non strumentalmente sul “noi” e non sull’io narcisista tipico della leadership personalizzata.» Ida Dominijanni

L’intero articolo – e probabilmente il libro – meritano lettura.

3 commenti

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3 risposte a “La politica è narrazione (e viceversa?)

  1. ugoma francisco

    Benvenuto questo lavoro/semina su tutti noi migranti. Ho gia mandato i semi.

  2. Sembra la versione sfocata della narrazione emotiva di cui parla Luttazzi nel suo ultimo libro – uscitro ben due anni fa. Dominijanni non citandolo in questo contesto da ai suoi lettori un informazione di seconda scelta.

    • Non conosco bene il libro di Luttazzi ma ho letto alcuni suoi interventi in rete. Se ho ben capito Luttazzi coglie (giustamente) la costruzione dello storytelling, delle narrative mediatico-emotive in politica come ‘tecnica’ per generare consenso. Berlusconi che parla alla ‘pancia’ del paese (eufemismo). Quella che una volta si chiamava in soldoni ‘manipolazione’. La tesi del libro recensito da Dominijanni (ancora se ho ben capito) è invece che nella sinistra dopo la crisi delle ideologie e delle ‘grandi narrazioni’ c’è stato un passaggio di disillusione che ha fatto credere che la fine di quelle narrazioni “rendesse superflua la narrazione tout court”. Che l’autenticità di un’aspirazione non potesse coniugarsi con la realpolitik. E’ un po’ la tesi cinica di D’Alema quando prende in giro Vendola dicendo che fa ‘letteratura’. Forse coglie un’ombra, un eccesso emotivo, ma a me sembra che di narrazioni rizomatiche, plurali, vitali, dialogali che ci diano animo e fiducia abbiamo un gran bisogno. Di queste nuove narrazioni plurali e ‘ontonomica’ ci sono sintomi incoraggianti.

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